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Aggiudicazione di un immobile all’asta e debiti condominiali

Oggi ci occuperemo di una fattispecie giuridica alquanto frequente: quella della successione di soggetti nei rapporti condominiali, e in particolare nel caso dell’acquisto di un immobile in condominio dopo aver partecipato ad un’asta.

In primis, è opportuno richiamare la disciplina generale sul condominio per avere ben chiaro l’argomento. Come abbiamo già avuto modo di dire, il nostro legislatore non ha definito il concetto di condominio, ponendo solo gli articoli relativi alla sua disciplina normativa nel capo del nostro codice civile dedicato alla comunione, dal 1117 al 1138. Si tratta, come è evidente, di una forma particolare di comunione su di un bene immobile e si caratterizza per la coesistenza di parti di proprietà esclusiva, i singoli appartamenti, e parti di proprietà comune tra i vari condomini. Le parti caratterizzate dalla proprietà esclusiva sono, quindi, rappresentante dalle singole unità immobiliari; i proprietari condomini, però, all’interno dell’edificio, devono condividere delle parti in comproprietà, come tali utili e necessarie per la gestione e la conservazione dell’immobile nella sua interezza. Lo stesso art. 1117 c.c. prevede un’elencazione, assolutamente non tassativa, di quelle che possono definirsi parti comuni, utili all’esistenza stessa del condominio: si richiamano le parti attinenti la struttura dell’edificio come il suolo, i tetti, gli androni, le scale, i muri maestri; sono, poi, inclusi nell’elenco i locali destinati ai servizi in comune, come la lavanderia o la portineria; infine, l’articolo suddetto richiama anche tutte quelle opere e quei manufatti che sono destinati all’uso e al godimento comune, come gli impianti per il gas o gli ascensori. Come appena detto, si tratta di un elenco che non ha carattere esaustivo e, dunque, potranno esserci ulteriori beni che, anche se non espressamente previsti, ricadano nella disciplina del condominio proprio per “l’attitudine oggettiva del bene al godimento comune o per la concreta destinazione del medesimo al servizio comune” (Sent. Cass. n. 13262/2012).

Naturalmente, per la conservazione e la gestione delle parti comuni è necessario sostenere dei costi, il cui esborso è un obbligo per tutti i comproprietari: parliamo delle spese condominiali, fondamentali per l’uso e la manutenzione delle parti comuni di un condominio e che, quindi, non attengono all’uso esclusivo di un singolo condomino. Tra l’altro è opportuno ricordare la caratteristica di accessorietà di tale onere rispetto al diritto di proprietà di ogni singolo condomino, in base alla quale l’obbligazione del pagamento è propter rem, ossia è collegata al bene immobile e al rapporto che lo lega strettamente al suo proprietario.
Sappiamo bene che le spese di distinguono a seconda che esse siano ordinarie o straordinarie. Le spese ordinarie, dette anche oneri di ordinaria manutenzione, sono quelle periodiche e prevedibili attinenti alla gestione e all’andamento regolare di ogni servizio, evitando che lo stabile possa degradarsi: rientrano tra queste le spese per la pulizia delle scale, dei cortili o dei pianerottoli; la manutenzione del tetto, dell’ascensore o dell’impianto citofonico; il pagamento delle utenze come le bollette di acqua e luce; la sostituzione delle lampadine; la manutenzione del giardino condominiale; le spese relative al compenso dell’amministratore. Le spese straordinarie concernono tutti quegli interventi di manutenzione straordinaria e interventi di ristrutturazione dell’immobile, non prevedibili e dovuti ad eventi eccezionali: si pensi a tutti quei lavori attinenti il rinnovamento totale o parziale dei solai, dei tetti o degli acquedotti, così come il rifacimento di un impianto per adeguarlo alle normative sulla sicurezza.

Queste due tipologie di oneri si differenziano anche per la procedura di validazione delle spese da sostenere: gli oneri di ordinaria manutenzione sono, infatti, gestiti autonomamente dall’amministratore condominiale e, generalmente, non richiedono l’intervento dell’assemblea condominiale per un voto deliberativo, se non nell’ipotesi del rendiconto finale. Questo perché si tratta della gestione ordinaria che, appunto, rientra tra i compiti del nominato amministratore. Differente è, invece, la spesa da sostenere per un intervento di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria: si tratta, infatti, di esborsi esosi, che richiedono l’approvazione dei condomini attraverso una delibera votata in assemblea.
Una volta effettuata questa preliminare esposizione, occorre valutare cosa accade quando si ha la successione di condomini, nel diritto di proprietà di una unità abitativa in condominio, e il mancato pagamento degli oneri condominiali: infatti, qualora il dante causa fosse puntuale nei suoi adempimenti, nulla quaestio, in quanto non ci sarebbe alcuna pendenza e la compravendita, o qualsiasi altro atto che trasferisca l’immobile in condominio, non produrrebbe conseguenze negative per il neo-proprietario. Diversa è, invece, l’ipotesi in cui il dante causa sia moroso nei confronti del proprio condominio e intervenga un atto di compravendita: la legge disciplina questa fattispecie all’art. 63, comma 4. disp. att. cod. civ., in cui si stabilisce che “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”. Ciò comporta che, una volta effettuato il trasferimento immobiliare, il neo proprietario e il vecchio condomino si troveranno congiuntamente responsabili del mancato versamento dei contributi condominiali, in ossequio alla già richiamata natura “propter rem” dell’obbligazione di pagamento di tali contributi. Per quanto concerne il periodo dell’obbligazione in oggetto, l’articolo prevede l’onere per il subentrante di farsi carico delle spese condominiali non versate per l’anno di gestione del condominio in corso al momento del subentro e per l’anno precedente. Si tratta, inoltre, di una obbligazione caratterizzata dal vincolo della solidarietà: ciascun debitore sarà tenuto alla medesima prestazione per l’intero e l’adempimento da parte di uno solo dei debitori libera gli altri dall’obbligazione (art. 1292 c.c.); tuttavia, per quanto entrambi onerati a contribuire a codeste spese, il condominio potrà agire per il recupero del credito solo nei confronti del nuovo acquirente, poiché il precedente proprietario ha cessato la qualità di condominio. La tutela del neo acquirente, in questa ipotesi, consiste nella possibilità di poter agire con azione di rivalsa nei confronti del suo dante causa, avendo il diritto ad ottenere il rimborso di quanto versato.

La disciplina appena esaminata è facilmente applicabile alle spese di ordinaria manutenzione che, come avviamo avuto modo di esaminare, sono gestite periodicamente dall’amministratore condominiale nel pieno dei suoi poteri, e richiedono solo una rendicontazione di fine anno, approvata con delibera assembleare. Di conseguenza, l’obbligazione sorgerà con il compimento della concreta attività gestionale. Le spese di straordinaria manutenzione si differenziano per la procedura di approvazione delle stesse, in virtù della loro consistenza economica e della loro eccezionalità: questa è costituita da una serie di fasi, in seno all’assemblea condominiale, che vanno dalla deliberazione di approvazione del proposta di ristrutturazione dell’edificio o dell’intervento di manutenzione straordinaria, alla fase di predisposizione della gara di appalto; dalla fase di approvazione del preventivo di spesa alla fase di esecuzione dei lavori stessi, con il contestuale piano di riparto delle relative spese tra i condomini. È lapalissiano che non tutte le deliberazioni in oggetto abbiano lo stesso valore: alcune deliberazioni sono semplicemente preparatorie o interlocutorie, mentre quelle di autorizzazione ai lavori e di riparto delle spese sono obbligatorie e vincolanti per i condomini. Da qui il principio, espresso più volte anche dalla Corte di Cassazione, secondo il quale “in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportare i costi chi era proprietario dell’immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione. Di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. c.c.” (Sent. Cass. n. 8782/2013). Se ne deduce che, in caso di trasferimento immobiliare, il neo proprietario sarà onerato delle spese di straordinaria manutenzione solo qualora, in seguito al rogito di compravendita, sia egli coinvolto nella votazione in assemblea di approvazione definita dei lavori da effettuare, consentendo al piano di riparto delle spese. In caso contrario, obbligato a sostenere i relativi oneri sarà il suo dante causa.
La successione di condomini potrà avvenire anche per atto diverso dalla compravendita immobiliare: può ben accadere che l’acquisto dell’immobile, sito in un condominio, riguardi un bene pignorato durante una procedura esecutiva, e successivamente messo all’asta giudiziaria. Accade spesso che un soggetto, proprietario di un immobile, diventi debitore nei confronti della propria banca e che non riesca ad onorare il proprio prestito: la banca potrà procedere esecutivamente nei confronti del proprio debitore, pignorando l’immobile su cui grava una ipoteca e procedendo con la sua vendita all’asta, al fine di recuperare il suo credito. E sarà facile che il debitore pignorato sarà gravato da pregressi debiti condominiali, maturati nel suo percorso di insolvenza: chi pagherà tali oneri in seguito alla vendita all’asta dell’immobile ?

Si tratta di una specificazione della più generica disciplina appena analizzata: anche in questo caso, infatti, il neo proprietario che acquista il diritto di proprietà sull’immobile, in seguito all’aggiudicazione dell’asta giudiziaria, subentra come condomino (obbligazione “propter rem”) nei rapporti tra il suo dante causa e il condominio, conformemente all’art 63. disp. att. c.c..

Nel caso in esame, infatti, il c.d. “effetto purgativo” della vendita forzata immobiliare, che libera l’immobile da ogni ipoteca, trascrizione o altro peso gravante su di esso, non attiene agli oneri condominiali (Tribunale di Bologna, Sentenza del 6 maggio 2000), i quali continueranno a maturare anche in epoca successiva al pignoramento, a vantaggio e tutela del condominio creditore. Una volta ottenuto, dunque, il decreto di trasferimento dell’immobile pignorato, che segna il momento in cui il soggetto, che si è aggiudicato il bene, diventa il legittimo ed effettivo proprietario, potrà essere convocato dal condominio, tramite il suo amministratore, per il pagamento delle spese condominiali maturate nell’anno gestionale in corso e in quello precedente.

L’acquirente sarà soggetto, così, al decreto ingiuntivo per mancato pagamento degli oneri condominiali e dovrà onerare tali obbligazioni, per poi recuperare quelle somme ingiustamente versate, attraverso un’azione di rivalsa, dal precedente proprietario, nella speranza che sia divenuto solvibile.

Questo per quanto concerne le spese di ordinaria manutenzione. In merito a quelle di straordinaria manutenzione, si applica anche in questo caso l’orientamento già esposto della nostra Cassazione: risponderà delle spese condominiali, relative a lavori di ristrutturazione o manutenzione straordinaria, soltanto il soggetto che era proprietario al tempo della delibera di approvazione dei lavori e della relativa spesa, e che abbia partecipato in qualità di condomino alla stessa; qualora il decreto di trasferimento dell’immobile venduto all’asta intervenga successivamente alla deliberazione assembleare che ha approvato i lavori, risponderà delle spese suddette il precedente proprietario esecutato.

Infine, occorre fare un’ultima considerazione: l’articolo 173bis disp. att. c.p.c., nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare, disciplina la relazione di stima del bene pignorato e del suo contenuto e tale relazione è utile per comprendere lo stato dell’immobile; l’esistenza di formalità, vincoli od oneri; la regolarità fiscale ed amministrativa, urbanistica ed edilizia. Il perito esperto provvede alla redazione di tale perizia e dovrà notificarla ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore almeno 30 giorni prima dell’udienza fissata per l’asta giudiziaria; dall’esame della stessa deve risultare anche “l’informazione sull’importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, su eventuali spese straordinarie già deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, su eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia, sul corso di eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato”.

Tale informativa non esenta in alcun modo l’aggiudicatario dell’asta dall’eventuale pagamento degli oneri condominiali pregressi e rientranti nel biennio di gestione condominiale, ma gli fornirà quantomeno una indicazione orientativa dello stato di morosità del debitore esecutato.

Mauro Sasanelli

L'avv Mauro Sasanelli è iscritto all'Albo Avvocati del Foro di Bari.

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