Al momento stai visualizzando Cosa accade se non pago il condominio? Morosità e recupero del credito condominiale

Cosa accade se non pago il condominio? Morosità e recupero del credito condominiale

Quella del “condominio” si può definire una disciplina particolare, poiché si tratta di un istituto giuridico posto a cavallo tra quello della proprietà privata e quello della comunione: il nostro codice civile lo contempla, infatti, negli articoli dal 1117 al 1139, relative alla disciplina della comunione e si caratterizza per la compresenza, all’interno di un edificio con più unità abitative, di beni immobili (i singoli appartamenti o locali) in proprietà esclusiva e di beni in comproprietà.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1117 c.c., si considerano “oggetto di comproprietà:
1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”
.

Si tratta, in ogni caso, di un elenco non tassativo e che potrà essere ampliato, a seconda della casistica e della necessità, ogni qualvolta si presentino delle parti necessarie all’esistenza e al miglior uso e godimento dell’edificio nel suo complesso.

Tutti i proprietari di unità abitative in condominio diventano, quindi, automaticamente “condomini”: tale qualifica discende direttamente dalla titolarità del diritto di proprietà sulla singola unità immobiliare e comporta una ripartizione dell’uso e della gestione delle parti in comune con gli altri contitolari. L’uso e la gestione delle parti in condominio richiede, infatti, non solo lo sfruttamento delle stesse, ma anche il sostenimento dei costi per la loro conservazione e manutenzione: si parla, in tal caso, di obbligazione “propter rem”, in virtù dello stretto legame esistente tra l’obbligazione condominiale e il connesso diritto reale di proprietà e che obbliga al pagamento degli oneri condominiali fino a quando esiste, in capo al soggetto, la qualifica di proprietario.

Lo stesso articolo 1104 del codice civile sostiene, a conferma di quanto detto, che “ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto”.

È opportuno distinguere, in primis, le spese di conservazione delle parti comuni del condominio, che spettano a tutti i condomini proprietari, dalle spese di uso o di esercizio, spettanti solo ai condomini che utilizzano il servizio, dalle ulteriori spese di manutenzione, necessarie per mantenere il condominio in uno stato efficiente.

Queste ultime sono, a loro volta suddivise in ordinaria e straordinaria manutenzione:

  • Gli oneri di ordinaria manutenzione sono periodici e programmabili, riguardano interventi di modesta entità ma necessari per mantenere il buono stato dell’edificio. Ne sono un esempio: la pulizia e la manutenzione degli spazi comuni, come le scale o il giardino condominiale; le riparazioni generiche come la sostituzione delle lampadine o il cambio di serrature delle porte; le spese per la gestione del condominio e il compenso dell’amministratore di condominio;
  • Gli oneri di straordinaria manutenzione sono, invece, imprevedibili e, spesso, abbastanza costosi, attengono tutti quegli interventi importanti sugli impianti dell’edificio, come la sostituzione della caldaia a causa di una rottura imprevista, oppure si pensi al rifacimento della facciata condominiale o del tetto.

È lapalissiano che, la presenza di più contitolari all’interno di un edificio e la necessità di contemperare le diverse esigenze in merito alla gestione dello stesso, richieda un punto di riferimento che inglobi le molteplici istanze: ecco che il condominio diventa un “ente di gestione, capace di essere titolare di diritti e obblighi in relazione alle parti comuni e di agire in tutela delle stesse, pur rimanendo mero amministratore dei beni comuni, senza assurgere a ente dotato di autonoma personalità” (Sent. Cass. n. 4245/2009).

Il condominio, qualora presenti più di 4 comproprietari, richiede la nomina di un amministratore, inteso quale organo esecutivo del condominio; in ogni caso, l’organo assembleare è fondamentale in quanto organo deliberante del condominio e che ne rappresenta la volontà, attraverso l’adozione di decisioni collegali.

La differenza tra le tipologie di spesa si riflette anche sulle modalità di approvazione ed esecuzione delle stesse: mentre per gli interventi di ordinaria manutenzione, l’amministratore agisce anche senza una apposita delibera di approvazione dell’assemblea in quanto rientrano tra i poteri a lui conferiti, per gli interventi straordinari si rende necessaria una decisione collegiale di autorizzazione alla spesa.

Detto ciò, sappiamo dunque che i singoli condomini diventano titolari di obblighi di pagamento nei confronti del condominio, secondo dei criteri di ripartizione delle spese condominiali stabiliti dal codice civile. Nessun condomino può sottrarsi a tale obbligo, necessario per la conservazione delle parti comuni, neanche rinunciando al suo diritto sulle parti comuni: qualora, ad esempio, un condomino decida di non utilizzare l’ascensore, non potrà in ogni caso sottrarsi al pagamento dei relativi oneri.

L’obbligo del pagamento degli oneri condominiali è assistito dalla possibilità, prevista e disciplinata dall’art. 1129 del codice civile, in capo all’amministratore condominiale di poter agire coattivamente, per ottenere la riscossione forzata delle somme dovute: “l’amministratore è tenuto alla riscossione forzata delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso”.

Ogni anno occorre redigere un rendiconto finale delle spese sostenute sia per l’ordinaria che per la straordinaria manutenzione del condominio.

Tale rendiconto, redatto dall’amministratore, dovrà poi essere sottoposto alla assemblea dei condomini per ottenerne l’approvazione: l’obbligo del singolo condomino al versamento delle quote condominiali scatta al momento della approvazione della delibera assembleare che approva il rendiconto delle spese annualmente sostenute, con il pedissequo riparto delle stesse. Accanto al rinnovato articolo 1129, modificato dalla Riforma del Condominio del 2012 che ha dettato tempi certi nell’attività di recupero delle spese condominiali non versate, è opportuno anche richiamare il connesso art. 63 disp. att. c.c. in cui si afferma quanto segue: “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.

Dall’esame di queste disposizioni si evince, dunque, la disciplina normativa applicabile nel caso di morosità di un condomino, caratterizzata da una situazione di inadempienza delle obbligazioni condominiali: in caso di inadempienze perduranti da parte di uno o più condomini, l’amministratore di condominio dovrà provvedere con l’invio dei solleciti di pagamento delle quote condominiali. Una volta decorso inutilmente il termine concesso per l’adempimento spontaneo degli obblighi condominiali, l’amministratore, senza ulteriori indugi, dovrà procedere con l’attivazione della procedura monitoria: rivolgendosi ad un difensore, senza la preventiva consultazione dell’assemblea condominiale, potrà richiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo contro il condominio moroso, al fine di recuperare la somma dovuta. L’assemblea condominiale non solo non dovrà essere consultata per la scelta dell’avvocato, ma anche per legittimare l’azione dell’amministratore, il quale è obbligato ad agire indipendentemente da ogni preventiva comunicazione agli altri condomini, pena la sua responsabilità: l’onere dell’amministratore di agire è rafforzato dalla previsione ex art. 1129 c.c. secondo cui “costituisce una grave irregolarità l’aver omesso di curare diligentemente l’azione giudiziaria e la conseguente esecuzione coattiva”.

Ne deduciamo, dunque, che la legge impone all’amministratore di agire per la riscossione forzosa verso il debitore, entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui è compreso il credito esigibile, pena la personale responsabilità e la revoca dall’incarico, oltre al risarcimento del danno subito dai condomini. Egli, inoltre, non solo dovrà curare la fase prodromica dell’ingiunzione ai fini di ottenere la riscossione del credito, ma dovrà procedere poi alla successiva fase esecutiva: ricordiamo, a tal proposito, che il decreto ingiuntivo concesso dal tribunale sarà provvisoriamente esecutivo, e anche qualora non lo fosse, trascorsi i 40 giorni legali ai fini della opposizione, l’amministratore, con il titolo esecutivo, dovrà poi avviare tutte le azioni esecutive volte a recuperare materialmente le somme non pagate dal condomino moroso.

La fase della esecuzione è caratterizzata dal pignoramento dei beni del condomino moroso e può avere ad oggetto i beni mobili del debitore; i beni immobili come terreni, case e lo stesso appartamento in condominio; un quinto dello stipendio o della pensione; il conto corrente bancario. Generalmente, con il termine della fase esecutiva e la liquidazione dei beni pignorati, si dovrebbe giungere al recupero delle somme dovute. Può ben accadere, però, che l’ingiunzione di pagamento e il susseguente pignoramento dei beni non sortiscano alcun effetto, perdurando lo stato di morosità.

Cosa accade in tal caso? La legge prevede che siano gli altri condomini, regolarmente solventi, a dover coprire la quota condominiale del moroso, comunicando ai creditori che non sono stati pagati (ad esempio, fornitori di utenze domestiche o ditte di manutenzione) le generalità dei morosi: in questo modo, i creditori prima dovranno agire contro i condomini inadempienti e, solo in caso di infruttuosa azione, potranno rivalersi verso tutti gli altri condomini. Come abbiamo esaminato in precedenza, “i creditori del condominio non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”: si tratta del c.d. “obbligo di preventiva escussione dei morosi” e comporta l’obbligo, per l’amministratore, di comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino, i dati dei condomini morosi affinché gli stessi possano procedere prima verso i soggetti inadempienti.

Tale ipotesi potrebbe eventualmente essere evitata, o quantomeno attenuata, con la creazione di un apposito “fondo cassa”, per il quale è però necessario il consenso unanime dei condomini e non la semplice maggioranza.

Mauro Sasanelli

L'avv Mauro Sasanelli è iscritto all'Albo Avvocati del Foro di Bari.

Lascia un commento