Nel linguaggio comune si parla spesso di condominio e di oneri condominiali: analizzeremo in questo articolo cosa siano i debiti condominiali e a chi spetta onerarli.
In primis, occorre definire il concetto di condominio: si tratta di una definizione che emerge dal nostro Codice Civile, negli articoli che vanno dal 1117 al 1139, e da una successiva disciplina legislativa che ne ha approntato delle modifiche sostanziali, la Legge n. 220/2012. Ad onor del vero, il nostro codice contempla la disciplina del condominio senza darne una puntuale definizione, ma include la relativa normativa nell’ambito della comunione e della proprietà: questo ci permette di considerare il condominio come una tipologia particolare di comunione che verte su un bene immobile. Si caratterizza per la presenza di un unico edificio con più unità immobiliari appartenenti a diversi proprietari e, in contemporanea, per la presenza di parti in comproprietà dell’edificio, in quanto comuni a tutti i proprietari: si pensi, ad esempio, all’androne di un palazzo, alle scale, ai muri portanti, al suolo su cui sorge l’edificio. Si tratta, dunque, di una sorta di convivenza forzata tra parti di proprietà esclusiva ed individuale (gli appartamenti) e parti di proprietà comune.
Per comprendere quali parti di un edificio possano essere oggetto di condominio, ossia di proprietà comune, richiamiamo testualmente l’art. 1117 c.c., così come è stato modificato dalla riforma del 2012, il quale cita testualmente: “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:
1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.
L’articolo esaminato, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, presenta un’elencazione non esaustiva dei beni che rientrano in comunione tra i condomini, e concerne tutte quelle parti dell’edificio che sono, in genere, necessarie e strumentali all’esistenza, all’uso e al miglior godimento delle parti comuni. Tali parti presentano la caratteristica della accessorietà rispetto al godimento delle singole proprietà individuali, presupponendo un legame funzionale tra la parti comuni e le proprietà esclusive, tale per cui il singolo proprietario condominio non potrà sottrarsi alla contribuzione delle spese al fine di conservare i beni comuni.
Naturalmente, occorre sostenere delle spese per poter gestire le parti comuni di un condominio: quindi, gli oneri condominiali sono le quote che ciascun condomino dovrà pagare in ragione della sua partecipazione al condominio. Relativamente, ancora, alla natura giuridica delle spese condominiali, anticipiamo che l’obbligo di pagarle è collegato al rapporto di natura reale che lega l’obbligato alla proprietà dell’immobile: ciò vuol dire che l’obbligo di pagare gli oneri condominiali sussiste fino a quando esiste la qualifica di proprietario ed è disciplinato per legge.
È opportuno richiamare, infatti, gli articoli del codice civile che ci forniscono un quadro più chiaro in merito, come l’art. 1104, comma 1, secondo cui “ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto”, oppure l’art. 1118 in base al quale “il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene. Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali”. In quest’ultimo richiamo, si ribadisce la circostanza che sul condomino pesi un’obbligazione propter rem, legata all’immobile di cui si gode la titolarità e il condomino non potrà sottrarsi alla stessa, se non cedendo il piano o la porzione di piano di cui possiede la titolarità esclusiva.
Le spese condominiali si distinguono, generalmente, in ordinarie e straordinarie. Quelle ordinarie sono a carico dei singoli inquilini delle unità immobiliari, siano essi proprietari o locatori: si pensi alle spese relative ai lavori di ordinaria manutenzione come la pulizia delle scale, la pulizia del giardino, l’illuminazione delle parti comuni, la manutenzione dell’ascensore, il riscaldamento centralizzato, il compenso dell’amministratore. Tali spese sono decise dall’amministratore di condominio, senza la preventiva approvazione assembleare. Le spese straordinarie, invece, poste a carico dei proprietari, attengono ai lavori di manutenzione straordinaria, per le quali è necessaria una delibera favorevole dell’assemblea condominiale, per la relativa approvazione ed erogazione: l’esempio classico è la ristrutturazione dell’immobile.
Per la gestione della parti comuni e per la ripartizione delle spese condominiali, così come per la determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi della assemblea condominiale, vengono utilizzate le c.d. tabelle millesimali: l’art. 1123 c.c. stabilisce che “le spese sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”, richiamando, appunto, il valore della proprietà di ogni condomino in rapporto con l’intero condominio espresso in millesimi, a meno che non si tratti di cose destinate a servire ai condomini in misura diversa, perché in tal caso “le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne”. In particolare, facendo riferimento alle tabelle millesimali, specifichiamo che a ciascun appartamento viene attribuito un valore sulla base di una serie di parametri come l’altezza, la dimensione o l’esposizione dell’appartamento: tale valore è espresso in millesimi e ogni condominio paga le spese di condominio in proporzione ai millesimi del proprio appartamento rispetto a quelli complessivi dell’edificio.
Dopo questa generale premessa che ci aiuta ad inquadrare il tema del condominio e degli oneri necessari per la sua gestione, ci focalizzeremo sulla titolarità dell’obbligazione condominiale.
Questa spetta, indubbiamente e da quanto si evince dall’esposizione giuridica effettuata, al proprietario dell’immobile o al titolare di un altro diritto reale sullo stesso. È il caso classico del proprietario di un appartamento in un edificio comprendente diversi piani e più unità abitative: egli sarà titolare del diritto di proprietà della sua unità immobiliare e godrà, in comunione con gli altri proprietari tutti abitanti nell’edificio, della contitolarità sulle parti comuni. Egli sarà obbligato a sostenere, di tal modo, le spese condominiali per la gestione e la manutenzione del condominio. Quindi, nulla quaestio nel caso in cui il proprietario coincida con colui che occupi l’appartamento a titolo abitativo: egli sarà tenuto al versamento delle obbligazioni condominiali e sarà il diretto interessato nel caso in cui dovesse rivelarsi moroso nei confronti del condominio.
Ma cosa accade nel caso in cui il proprietario di un appartamento dovesse stipulare un contratto di locazione ? Chi dovrà sopportare gli oneri condominiali in tal caso? È importante, a tal proposito, suddividere le spese da sostenere tra il proprietario dell’immobile e l’inquilino: la Legge n. 392/1978, che disciplina la locazione immobiliare, ripartisce le spese a seconda che queste attengano l’ordinaria manutenzione o la straordinaria; il proprietario dell’immobile, infatti, dovrà sostenere tutti gli interventi di straordinaria manutenzione dell’edificio come il rifacimento degli impianti o delle facciate. Le spese che dovrà sostenere, invece, il conduttore inquilino sono quelle relative alla pulizia, alla manutenzione ordinaria dell’ascensore, quelle relative alle utenze domestiche come acqua, energia elettrica, riscaldamento e condizionamento dell’aria. Dovrà provvedere anche alle spese relative allo spurgo dei pozzi neri e alle spese di fornitura di altri servizi comuni, relative alla gestione degli spazi condivisi con gli altri condomini. In ogni caso, deve trattarsi di costi ordinari. Questa è, generalmente, la ripartizione delle spese previste dalla legge, ma nulla vieta che il contratto di locazione prevede un accordo di ripartizione delle stesse distinto e diverso. Rimane, in ogni caso, responsabile nei confronti del condominio, in caso di mancato pagamento degli oneri condominiali, il proprietario locatore dell’immobile: il locatore, infatti, riveste la qualità di condomino, con l’obbligo di pagare le spese condominiali; sarà lui ad essere convocato in assemblea e a ricevere il rendiconto condominiale; qualora il conduttore si riveli moroso nei confronti del condominio, il proprietario sarà suscettibile di azione legale, riceverà gli eventuali solleciti di pagamento e, altresì, il ricorso per decreto ingiuntivo di pagamento degli oneri e anche i successivi atti esecutivi.
Naturalmente il proprietario dell’immobile potrà sempre esercitare, successivamente, azione di rivalsa nei confronti del conduttore per le spese a lui imputabili: il conduttore avrà 60 giorni di tempo per provvedere al pagamento e, in caso di perdurante inadempienza, potrà subire la risoluzione del contratto di locazione.
L’ultima ipotesi che occorre analizzare riguarda il caso di alienazione dell’immobile: a chi spetta l’obbligo di pagamento delle spese condominiali dopo la vendita dell’appartamento? Può ben accadere, infatti, che colui che vende la propria unità immobiliare, lasci poi dei debiti in sospeso con il condominio: situazione sinteticamente disciplinata dall’art. 63 disp. att. c.c. secondo cui “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”. Quindi, in linea generale si potrebbe affermare che il nuovo condomino, neo-acquirente, sarebbe responsabile solidalmente con il vecchio proprietario per gli oneri condominiali relativi all’anno di acquisto e a quello precedente. In realtà il confine temporale tra vecchio e nuovo proprietario è piuttosto labile e si difficilmente si comprende solo con la lettura di questo comma; è per questo che la dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato dei criteri per disciplinare i casi di successione di parti contrattuali. In primis, è opportuno distinguere a seconda che le spese siano di ordinaria o di straordinaria amministrazione. Nel caso di spese di ordinaria amministrazione, il criterio da considerare, al fine di suddividere le spese tra i due successori, è il momento in cui viene trascritto il rogito immobiliare nell’anagrafe condominiale, con pubblicità per il condominio intero dell’avvenuta alienazione. In tale ipotesi, dunque, la ripartizione delle spese avverrà in base al tempo di esecuzione, per cui:
a) Per le spese da eseguirsi dopo l’avvenuta pubblicità, onerato sarà il nuovo proprietario;
b) Per quelle sorte nello stesso e nell’anno anteriore, responsabili solidalmente saranno sia il vecchio che il nuovo proprietario: ciò significa che l’amministratore di condominio potrà presentare il decreto ingiuntivo per sanare l’eventuale posizione debitoria ad entrambi, fermo restando i rapporti interni tra i due;
c) Per le spese, infine, sorte in precedenza rispetto al criterio suddetto, obbligato resta il precedente proprietario.
Anche in tal caso, la trattativa privata tra le parti e inserita nel contratto di compravendita, potrà derogare la normativa in esame.
Più controversa, invece, la disciplina relativa alle spese di straordinaria amministrazione, poiché si tratta di importi elevati che, generalmente, richiedono delibere assembleari di approvazione sia dei lavori che dei costi da sostenere. Ecco perché le stesse vanno ripartite, tra vecchio e nuovo proprietario, in base alla data di delibera e, soprattutto, alla tipologia di delibera.
Nello specifico:
a) Se le spese straordinarie sono state deliberate dall’assemblea condominiale prima della vendita, obbligato a sostenerle sarà esclusivamente il primo proprietario venditore, ma solo nel caso in cui le deliberazioni adottate siano complete e riguardino la tipologia di lavori, il costo e la ripartizione delle spese tra condomini;
b) Se le spese straordinarie sono state deliberate dall’assemblea condominiale, ma solo con riguardo alla tipologia, senza decidere alcunché in merito all’importo della spesa complessiva né sulla sua ripartizione, allora obbligato al pagamento sarà il nuovo proprietario, il quale parteciperà, in questo caso, alla delibera sulla decisione di spesa.
