Per quanto concerne i profili procedurali relativi al giudizio di revoca dell’amministratore, ai sensi dell’art. 64, disp. att. c.c., il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
Il procedimento in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 737 c.p.c. si avvia con ricorso al giudice competente e il provvedimento adottato ha forma di decreto motivato.
Bisogna redigere un RICORSO ed allegare ad esso ogni documento utile a sostegno della richiesta (es. verbale di assemblea, lettere raccomandate con richiesta di visione della documentazione condominiale e/o lamentele, fotografie ecc.)
Le irregolarità nella gestione sono rimesse alla valutazione del Giudice e di solito sono considerate in modo restrittivo, in sostanza è necessario rappresentare in sede di giudizio che l’operato dell’amministratore abbia arrecato un grave danno al condominio.
In buona sostanza, questo indicato qui di seguito, è il procedimento da seguire per chiedere la revoca dell’amministratore per via giudiziale:
Attività preliminari
1) se ci si trova dinanzi alla necessità di preventivo passaggio assembleare, è necessario chiedere la convocazione dell’assemblea per decidere in merito (se la richiesta resta inevasa questo fatto è di per sé causa di revoca in via giudiziale)
2) se il tentativo assembleare non è andato a buon fine o se non ve n’è bisogno, il condomino deve redigere un ricorso spiegandone i motivi ed allegando tutta la documentazione dalla quale è possibile evincere la ricorrenza del motivo della revoca;
a) depositato il ricorso e fissata l’udienza con decreto, il ricorrente deve far notificare, nei termini indicati dal decreto, il ricorso ed il decreto di fissazione dell’udienza all’amministratore;
b) presentarsi all’udienza e discutere;
c) eventuale reclamo da parte della parte che non ritiene giusto il provvedimento.
Quali sono i costi da sostenere ?
Il costo del ricorso (allo stato attuale) è pari ad € 95,00 per contributi unificato, € 27,00 per bolli, più spese di notifica ed eventuali costi legati all’assistenza di un avvocato.
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Chi è il legittimato passivo ? Il condominio o l’amministratore ?
Per rispondere bisogna dare lettura al nuovo art. 64 delle disposizioni di attuazione del codice civile che recita:
Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 e dal quarto comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente. La risposta corretta è l’amministratore !
Corte di Cassazione, Sez. II, 22 ottobre 2013, n. 23955
Nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell’amministratore, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l’amministratore, non anche il condominio, che, pertanto, non può intervenire in adesione all’amministratore, né beneficiare della condanna alle spese del condomino ricorrente. Inoltre, il condomino ricorrente ha diritto di rivalsa delle spese sostenute direttamente nei confronti del condominio, il quale potrà poi rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato.
E’ questo in breve il nucleo principale della sentenza con la quale la Cassazione ha deciso su un ricorso per revoca giudiziale dell’amministratore, nel cui giudizio si era inserito anche il condominio, probabilmente interessato alla rifusione delle spese giudiziali.
E pertanto, nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell’amministratore deve procedersi alla liquidazione delle spese di lite, ai sensi degli artt. 91 ss. c.p.c..
La pronunzia in esame affronta anzitutto il tema della legittimazione passiva nel giudizio promosso per la revoca dell’amministratore di condominio, ai sensi dell’art. 1129 c.c. .
Invero, l’attuale comma 11 della richiamata disposizione prevede (analogamente rispetto all’originario comma 2) che l’amministratore possa essere revocato in ogni tempo e la l.n. 220/2012, di riforma del condominio, ha ampliato la casistica (di carattere esemplificativo e non certo tassativo; sintomatico è il comma 12 dell’art.1129 c.c., il cui incipit è il seguente “costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità”) delle ipotesi in cui ciò può accadere: trattasi, in particolare, di fattispecie in cui il legislatore ha predefinito la sussistenza di una giusta causa di interruzione del rapporto, posto che rappresenta ius receptum il principio in virtù del quale, salvo che l’incarico sia svolto gratuitamente (art. 1723 c.c.), il giudice deve sempre valutare l’esistenza, in concreto, di una giusta causa alla stregua di un giudizio insindacabile in Cassazione (Cass., Sez. II, 23 agosto 1999 n. 8837, inForo it., 2000, I, 1673).
E’ possibile impugnare il decreto ?
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.
E’ possibile farsi assistere da un avvocato?
Si ma non è obbligatoria, trattandosi di procedimento di volontaria giurisdizione, benché consigliata.
Che tipo di provvedimento emette il giudice ?
Il Tribunale provvede in Camera di Consiglio con decreto motivato dopo aver sentito l’amministratore.
Tale provvedimento analogamente a quelli resi sulla denuncia di irregolarità nella gestione di una società ex art. 2409 c.c. è privo di carattere di decisorietà, in quanto, nell’ambito di attribuzioni di volontaria giurisdizione rivolte alla tutela di interessi anche generali ed esercitare senza un vero e proprio contraddittorio, si risolvono in misure cautelari e provvisorie, e, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non statuiscono su di essi a definizione di un conflitto tra parti contrapposte, né hanno attitudine ad acquistare autorità di cosa giudicato sostanziale.
La richiesta di rimozione dell’amministratore anche da parte di un singolo condòmino conferisce al rito in esame e ad al conseguente provvedimento giudiziale carattere di procedimento e di provvedimento tipicamente cautelari, non dissimile da quello previsto dall’art. 2409 c.c., il quale tratta l’ipotesi di “sospetto di gravi irregolarità” commesse da amministratori e sindaci delle società per azioni (ex multis, Cass. Civ. 20907/2004).
A chi spetta l’onere della prova ?
In un caso risolto dal Tribunale di Messina nel gennaio del 2013, alcuni condomini avevano presentato ricorso per la revoca dell’amministratore per una serie di motivi. Tra le varie cose lamentavano che l’amministratore non aveva messo a loro disposizione i documenti inerenti gli argomenti oggetto di discussione dell’assemblea condominiale.
In corso di giudizio, il condomino è stato chiamato a dimostrare che le sue richieste di visione della documentazione condominiale erano rimaste inevase unitamente alla consegna.
Secondo il giudice adito in ipotesi di revoca dell’amministratore di condominio su istanza di un condomino, il relativo procedimento si configura come un giudizio di risoluzione anticipata e definitiva del rapporto di mandato esistente tra tutti i condomini e l’amministratore: in tema di prova, pertanto, si applica il principio generale operante in materia di inadempimento di una obbligazione, secondo cui il condomino che agisca per la risoluzione del mandato intercorrente con l’amministratore deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto a conseguire dall’amministratore l’adempimento dell’obbligo gestorio, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre l’amministratore convenuto rimane gravato dell’onere della prova del fatto estintivo della pretesa di revoca, costituito dall’avvenuto adempimento ai suoi obblighi di gestione (Trib. Salerno 12 aprile 2011, il quale applica così – correttamente – il principio scolpito da Cass. Sez. Un. n. 13533/01) (Trib. Messina 22 gennaio 2013).
Come noto il Tribunale di Messina, ha ribadito che costituisce grave irregolarità, tale da determinare la revoca dell’incarico, il comportamento dell’amministratore di condominio che, richiestone da uno dei condomini, ometta per un lungo tempo e comunque al di là di un termine ragionevole di consegnare o di offrire in visione i documenti o di comunicare dati relativi alla gestione condominiale (Trib. Messina 22 gennaio 2013).
L’amministratore revocato può essere rinominato ?
Il sistema di legge riformato prevede una norma di chiusura di carattere decisamente sanzionatorio, poichè in caso di intervenuta revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato (cfr. art. 1129, comma 13, c.c.).
Quali sono le parti del procedimento ?
Il giudizio, come noto, si svolge in camera di consiglio ed il provvedimento finale ha efficacia, ai sensi dell’art. 741 c.p.c., dalla data dell’inutile spirare del termine per la proposizione del reclamo.
Orbene, diversamente dal procedimento per la nomina, quella di revoca giudiziale dell’amministratore non deve essere svolto nel contraddittorio di tutti i condomini, posto che nella prima ipotesi il litisconsorzio necessario discende dalla diretta incidenza della determinazione giudiziale sull’amministrazione delle cose comuni (attraverso la designazione esterna del soggetto chiamato ad esercitare le attribuzioni ex art. 1130 c.c.), mentre, nel caso di revoca, l’intervento dell’autorità giudiziaria è rivolto alla mera rimozione dell’amministratore, senza incidere minimamente sulla facoltà dei condomini di designare in piena autonomia il nuovo amministratore (Cass.n. 1263/95): sicché essendo tale il principio affermato nella pronunzia in esame — non solo interessato e legittimato a contraddire è unicamente l’amministratore e non il condominio, il quale non è tenuto né ad autorizzare né a ratificare la residenza in giudizio dell’amministratore medesimo, trattandosi di ipotesi estranea a quelle previste negli art. 1130 e 1131 c.c., ma va per ciò stesso finanche esclusa l’ammissibilità di un intervento ad adiuvandum del condominio rispetto alla posizione del revocando amministratore (cfr. anche, in termini, Cass., Sez. II, 23 agosto 1999, n. 8837, cit.; Cass., Sez. II, 9 dicembre1995 n. 12636, in Giust. civ. Mass., 1997).
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